In astronomia, la misura delle distanze
extragalattiche è un argomento di cruciale importanza.
Se guardiamo l'Universo, fino ai limiti permessi dai telescopi
attuali, troviamo sempre lo stesso "scenario":
lo stesso tipo e numero di galassie in tutte le direzioni.
Vi possono essere occasionalmente variazioni statistiche,
ma esse appaiono casuali. Anche il colore delle galassie
è lo stesso in tutte le direzioni: le sole differenze
sistematiche che noi riveliamo sono quelle dovute alla diversa
distanza. Infatti, gli spettri osservati delle galassie
appaiono spostati verso il rosso e questo spostamento, detto
redshift, è causato dalla recessione delle galassie
che determina un effetto Doppler.
Il campo "south deep field"
osservato con il telescopio spaziale Hubble: un
"campione" rappresentativo del nostro universo
(Credit: R. Williams (STScI), the Hubble Deep Field-South
Team, and NASA)
Già nel 1929, Hubble,
su basi osservative, appurò che il comportamento
dei moti su larga scala è ben descritto da una espansione
uniforme e formulò la legge secondo la quale le galassie
si allontanano da noi con una velocità v proporzionale
alla distanza d:
v = Ho d
che prende il nome di legge di Hubble,
mentre la costante di proporzionalità è detta
costante di Hubble. Comunque il redshift cosmologico degli
spettri delle galassie distanti non appare essere dipendente
dalla direzione. Questa indipendenza è chiamata isotropia
e l'assenza di differenze strutturali in diverse parti dell'Universo
ne determina l'omogeneità.